Sotto il ghiaccio dell’Antartide con i palombari della Marina
A 113 anni di distanza, Tommaso Pischedda si affida a mute stagne, tute integrali in pile sotto la muta e maschere granfacciali. L’attrezzatura è decisamente migliore, ma le insidie sotto il pack rimangono tante.
Tommaso è un palombaro del COMSUBIN, il Comando Subacquei e Incursori della Marina Militare, che sta passando le feste natalizie al lavoro nelle acque a due gradi sotto lo zero a Baia Terranova, davanti alla base italiana Mario Zucchelli.
Willy era sceso nelle acque di Kerguelen Island per liberare l’ancora del Gauss, intrappolata nelle alghe. Tommaso e il suo collega, Giuseppe Tangari, Capo di Prima classe come lui, invece, sono in Antartide per aiutare tutto il personale scientifico che effettua immersioni subacquee o per prelevare direttamente campioni di fondale marino o di ghiaccio.
A Tommaso e Giuseppe sono servite 20 ore di immersione, ad una profondità media di 23 metri, per costruire i laboratori subacquei di ICE Lapse, uno dei tanti progetti scientifici della XXXI missione italiana in Antartide, spedizione finanziata dal Miur e gestita dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA). Il Cnr coordina le attività di ricerca, mentre l’Enea garantisce lo sforzo logistico necessario.
All’inizio della stagione, fine ottobre, nella baia sul Mare di Ross il ghiaccio è spesso circa 3 metri e servono carotieri per effettuare le aperture in cui calarsi. Da quelle aperture emergono molto spesso foche di Weddel, che risalgono in superficie per respirare. Proprio in quel delicato periodo dell’anno, i palombari della Marina danno anche una mano in attività logistiche come l’impiego di esplosivi nella costruzione della pista d’atterraggio, situata proprio sul pack di Tethys Bay.
Ora che nell’estate australe il pack si scoglie e il mare azzurro prende il posto della distesa bianca, il panorama muta radicalmente e anche le attività si diversificano. Ad esempio, i palombari ad oggi hanno effettuato altre 15 immersioni di oltre un’ora e mezza per i lavori di consolidamento del molo davanti alla base.
In più di due mesi, insomma, un’attività intensa, in un ambiente molto lontano dalle acque mediterranee dove Tommaso è cresciuto. Sassarese di nascita, spezzino di base, Pischedda ha scelto un mestiere che lo porta spesso tra fondali sconosciuti. Come quando, in una notte di gennaio, si trovò all’improvviso tra le lamiere di una nave incastrata tra gli scogli. Era la Concordia all’Isola del Giglio.
Fino a febbraio il suo “ufficio” sarà il mare pieno di vita di Baia Terranova. Un lavoro che richiede enorme professionalità, e conoscenza profonda delle tecniche di immersione. Escursioni in un altro mondo, l’Antartide, unico continente a rimanere pressoché intatto anche ai giorni nostri. Poter vedere quel soffitto di ghiaccio sopra il suo ufficio che “sembra un cielo in tempesta”, rimane un privilegio riservato a pochi.